Si pubblica di seguito il Comunicato n. 7 del 30 ottobre 2020 del Tribunale Federale, II Sezione, relativo le decisioni 9/2020 e 12/2020.
Si pubblica di seguito il Comunicato n. 7 del 30 ottobre 2020 del Tribunale Federale, II Sezione, relativo le decisioni 9/2020 e 12/2020 che rigettano il ricorso rispettivamente dei sigg. Moreno Buso e Fabio Oliveri.
Comunicato N. 7 del 30 ottobre 2020
Tribunale Federale
CONVOCATO E RIUNITOSI in teleconferenza il Tribunale Federale F.C.I. – 2^ Sezione, nelle persone dell’ Avv. Adriano Simonetti (Presidente), dell’Avv. Laura Olivieri e dell’Avv. Andrea Leggieri (Componenti), assistiti dal segretario Franco Fantini (funzionario FCI),
Il Tribunale Federale II Sezione ha emesso le seguenti pronunce
Decisione n. 09/2020 – Ricorso BUSO Moreno contro la FCI per annullamento determina d. Segretario Generale del 2/07/2020 e di ogni atto connesso, previa disapplicazione dell’ Art. 5 del RT Amatoriale e Art. 1.1.3 delle Norme Attuative SAN nella parte in cui impediscono il tesseramento nella categoria Master ai soggetti che abbiano subito una sanzione per doping superiore a sei mesi
NEL GIUDIZIO
introdotto dal ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 9 del 2020, presentato, in data 1 settembre 2020, dal sig. Buso Moreno, rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Malfatti,
CONTRO
la Federazione Ciclistica Italiana, nella persona del proprio legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa dall’avv. Nuri Venturelli, per l’annullamento della determina denominata “annullamento tessera n. IDA165369 erroneamente messa a nome del sig. Buso Moreno, nato a Padova l’11.03.1970 – C.F. BSUMRN70C11G224I” a firma del Segretario Generale della F.C.I., datata 2 luglio 2020 e comunicata a mezzo mail l’8 luglio 2020, nonché di ogni atto annesso per presupposizione e/o conseguenzialità.
visti il ricorso e gli allegati;
vista la memoria di costituzione della FCI;
uditi, all’udienza del 21.10.2020, tenutasi in videoconferenza, l ‘avv. Stefano Malfatti per il ricorrente sig. Buso Moreno e per la resistente, l’avv. Nuri Venturelli;
visti tutti gli atti e i documenti di causa;
udito il relatore, avv. Laura Olivieri.
Ritenuto in fatto
Con ricorso depositato in data 1 settembre 2020 il sig. Buso Moreno ha impugnato la determina del Segretario Generale della FCI datata 2 luglio 2020 chiedendone l’annullamento, previa disapplicazione e/o la disapplicazione dell'art. 5 del Regolamento Tecnico Amatoriale e dell'alt.1.1.3 Norme Attuative SAN, norme introdotte con delibera del Consiglio Federale, nella parte in cui vietano il tesseramento nella categoria Master dei soggetti sanzionati dalla giustizia sportiva e/o ordinaria per un periodo superiore a mesi sei per motivi legati al doping, deducendo in sintesi quanto segue:
- di essere stato sanzionato nel dicembre 2014 dal TNA del CONI "con la sanzione di due anni di squalifica dal 3 settembre 2014 al 3 settembre 2016" per essere risultato positivo in un controllo effettuato il 12.7.2014 "per eritropoietina ricombinante" e di non aver impugnato il provvedimento;
- di aver richiesto, in data 7.1.2019, nuovo tesseramento "per il tramite dell 'ASD Team Lenox (cod. id. 03E260) della quale il ricorrente era anche il Vice Presidente e di aver indicato in calce alla richiesta di tesseramento di aver scontato una squalifica dal 3.9.2014 al 3.9.2016, allegando la relativa documentazione;
- di aver ricevuto in data 30 aprile 2019 dalla Segretaria Settore Amatoriale Nazionale (SAN) una mail nella quale si comunicava quanto segue :”Come da normativa SAN, coloro che hanno avuto provvedimenti superiori a 6 mesi possono tesserarsi o ciclosportivi o cicloturisti. Non esistono deroghe, ne sono state mai fatte, in quanto si creerebbe un precedente pertanto non può essere accolta la vostra richiesta”.
- Di aver ricevuto nel mese di giugno 2019 la notifica di un provvedimento di “comunicazione di conclusione indagini per intendimento di deferimento” emesso dalla Procura Federale della F.C.I. nell’ambito del procedimento disciplinare n. 6/2019, per aver richiesto il tesseramento in assenza del c.d. requisito etico e per aver partecipato a gare ciclistiche amatoriali.
- Di aver quindi presentato richiesta di accesso agli atti d’indagine, in data 13 giugno 2019, e di aver così conosciuto l’atto di sospensione del tesseramento, ovvero la Delibera presidenziale n. 46/2019, atto poi ratificato con Delibera del Consiglio Federale del 18 aprile 2019
- Di aver quindi presentato ricorso avanti al presente Tribunale per l’annullamento della predetta Delibera Presidenziale n. 46/2019 e di ogni atto connesso per presupposizione o consequenzialità, nonché per l’annullamento e/o la disapplicazione dell’art. 5 Regolamento Tecnico Amatoriale e dall’art. 1.1.3 Norme attuative SAN, e/o delle Delibere del Consiglio Federale che hanno introdotto dette norme nell’ordinamento sportivo, nella parte in cui vietano il tesseramento nella categoria cicloamatore Master dei soggetti sanzionati dalla giustizia sportiva e/o ordinaria per un periodo superiore a mesi sei per motivi legati al doping.
- Che il Tribunale Federale ha respinto il ricorso e che sia la Corte di Appello Federale che il Collegio di Garanzia dello Sport hanno confermato la decisione di primo grado.
- Di aver proposto ricorso al Tar avverso la decisione del Collegio dello Sport, e che il relativo giudizio è ancora pendente in attesa di fissazione dell’udienza di discussione.
Ciò precisato in punto di fatto, il ricorrente assume di aver interesse ad una nuova impugnazione della determina di annullamento definitivo del proprio tesseramento, in la stessa sarebbe supportata da “elementi nuovi”: in particolare il ricorrente assume che la decisione del Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (lodo 2019/A/6295) avrebbe ”incidentalmente” pronunciato in ordine alla invalidità della cd. norma etica, in quanto in contrasto con i principi fondamentali del Codice Mondiale Antidoping, e che tale decisione sarebbe opponibile alla FCI, poiché fondata su normativa gerarchicamente superiore, quale sarebbe il Codice mondiale Antidoping della WDA.
In subordine, il ricorrente ha riproposto tutte le censure già oggetto della menzionata sentenza di rigetto del presente Tribunale (nonché della Corte Federale D’Appello e del Collegio di Garanzia dello Sport), insistendo per l’invalidità della cd. Norma etica, ed ha quindi rassegnato le seguenti conclusioni:
“Nel merito, annullare la determina denominata “annullamento tessera n. IDA165369 erroneamente messa a nome del sig. Moreno Buso, nato a Padova l’11.03.1970 – C.F. BSUMRN70C11G224I” a firma dal Segretario Generale della F.C.I., datata 2 luglio 2020 e comunicata a mezzo email l’8 luglio 2020;
• annullare ogni atto connesso per presupposizione e/o consequenzialità;
• disapplicare (o annullare) l’art. 5 del Regolamento Tecnico Amatoriale F.C.I. e dell’art. 1.1.3 delle Norme Attuative Settore Amatoriale Nazionale della F.C.I. (la così detta “norma etica”), nelle parti in cui impediscono il tesseramento nella categoria cicloamatoriale Master ai soggetti che abbiano subito una sanzione per doping superiore a sei mesi, poiché in contrasto con norme di diritto sportivo gerarchicamente superiori;
• accertare e dichiarare il diritto del signor Buso Moreno al tesseramento con la F.C.I. nella categoria amatoriale-Master.”
Si è costituita in giudizio la F.C.I. eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’azione stante la sussistenza di un precedente iter giudiziario tra le parti, definitosi con una decisione avente natura di giudicato formale e dunque non più soggetta ad impugnazione; nel merito ha evidenziato l’assenza di “novità” delle deduzioni contenute nell’odierno ricorso e nella richiamata decisione del TAS di Losanna, con conseguente inammissibilità del ricorso; ha poi eccepito la totale infondatezza delle domande del ricorrente, chiedendo l’integrale rigetto del ricorso.
*
L’intestato Tribunale si è ritirato in Camera di Consiglio, all’esito del quale così ha deciso:
in via preliminare, appare doverosa una premessa che chiarisca, da subito, il metodo decisionale utilizzato dallo scrivente Tribunale, sia in relazione al procedimento logico giuridico alla base della presente decisione sia in relazione alle modalità di stesura del conseguente provvedimento.
Occorre specificare a priori, cioè, che si ritengono già oggetto di granitica e condivisa giurisprudenza, in ogni sede e grado, tutte le censure mosse dal ricorrente a corollario dell’unico elemento che potrebbe essere qualificato come “nuovo” rispetto a quanto già stabilito in precedenza ovverosia l’asserita efficacia di Giudicato della decisione del TAS del 10.2.2020 nei confronti della FCI in ordine ad una pretesa illiceità della normativa attinente il requisito etico.
L’intestato Tribunale e, nel caso di specie, anche la Corte federale ed il Collegio di Garanzia hanno già avuto modo di evidenziare, in relazione alle censure comunemente mosse al requisito etico e reiterate anche in parte nel presente ricorso, quali ad esempio l’effetto sanzionatorio, mancata proporzionalità, impossibilità di riabilitazione, ecc. come, l’esigenza di un’etica, è e deve essere, una qualità di assoluto e preminente rilievo socio-giuridico, che non comprime ma, al contrario, espande e permea tutti i diritti garantiti (e da garantire) ai cittadini in generale ed agli sportivi in particolare.
Ha già avuto modo di chiarire l’intestato Tribunale Federale come lo sport, oltre che fenomeno sociale, è anche e soprattutto un fatto culturale, intimamente connesso con lo spirito umano e con l’agire umano.
L’adesione alle componenti etiche, culturali e sociali del fenomeno sportivo deve essere conforme ai valori che permeano il tessuto normativo che regge il nostro ordinamento giuridico ivi compresi i principi costituzionali.
Sotto tale profilo non si può ritenere che le regole del codice etico, in quanto ispirate a tali descritti valori, possano in alcun modo essere oggetto di censure.
È evidente che il codice etico non è finalizzato ad un intento sanzionatorio (come sostiene il ricorrente) poiché il provvedimento giustiziale (sportivo o ordinario che sia) si pone come mero presupposto di fatto.
L’esclusione della natura sanzionatoria consente di affermare che il requisito etico come introdotto esclusivamente per una singola categoria di tesserati – al di là del fatto che si ponga anche come un preminente principio di civiltà giuridica – appaia proporzionale all’obiettivo che si è posta la Federazione nella lotta al doping ed anche ispirato ad un criterio di ragionevolezza.
Chiarito, ulteriormente, quanto sopra, in merito alla decisione del TAS del 10.2.2020 che, a dire del ricorrente, avrebbe, in qualche modo, escluso la validità del requisito etico, introducendo un elemento di novità rispetto al passato tale da porre i profili già evidenziati sopra una nuova luce, occorre fare alcune precisazioni.
In primo luogo, lo scrivente Tribunale, non ritiene affatto che sia stata data dal TAS una nuova interpretazione (o interpretabilità) alle normative del Codice Etico e ciò per due ragioni strettamente connesse.
La prima è che l’arbitro del TAS, pur nella sua grande autorevolezza, non ha, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, emesso alcuna decisione in merito al codice etico, limitandosi, tra l’altro con l’uso di formule e tempi verbali dubitativi e condizionali, ad affermare che, a suo (esclusivo) dire (cfr. punto 73 del lodo TAS del 10.2.2020 “….Sembra doversi ritenere che l'articolo 13 delle norme di attuazione del regolamento tecnico FCI sia affetto da invalidità e non possa trovare applicazione, ragione per cui, ad avviso dell’Arbitro Unico, una volta decorsa la sanzione irrogata con la decisione appellata e confermata con il presente lodo, l'atleta dovrebbe poter tornare a gareggiare o a prendere parte ad eventi sportivi”
La seconda, connessa con la prima, è che la valutazione delle norme del codice etico non era parte integrante del c.d. thema decidendum.
L’Arbitro Unico del TAS, in sostanza, non era chiamato a decidere sulla validità del codice etico, neppure indirettamente o in via subordinata, ed ha agito di propria iniziativa, con un semplice obiter dictum, con la conseguenza che, quanto eventualmente (ed a tutto voler concedere) affermato nella propria decisione (utile ai fini esplicatori delle proprie tesi) rimane adagiato e “confinato” all’interno della stessa decisione senza in alcun modo spiegare erga omnes i propri effetti “giudicatori” essendone privo per natura giuridica.
Per tali ragioni non rinvenendo alcun elemento di novità rispetto alle statuizioni passate, tutte le istanze e conclusioni del ricorrente appaiono infondate e devono essere rigettate.
P.Q.M
Il Tribunale rigetta il ricorso.
Spese di lite compensate
Decisione n. 12/2020 – Ricorso OLIVERI Fabio contro la FCI per impugnazione della delibera Presidenziale n. 70 del 9 Settembre 2020 e della Delibera di ratifica del Consiglio Federale n. 167 del 14 Settembre 2020
All’Udienza sono presenti, in collegamento telematico, il ricorrente Fabio Olivieri insieme agli avvocati M. Laura Guardamagna e Roberta Odarda e, in rappresentanza della Federazione Ciclistica Italiana, l’Avv. Nuri Venturelli.
DECISIONE
Con ricorso notificato il 29 settembre 2020, il sig. Fabio Oliveri impugnava la delibera n. 70 adottata in data 9.9.2020 dal Presidente della Federazione Ciclistica Italiana
chiedendo:
In via preliminare
– sospendere, inaudita altera parte o, in subordine, previa fissazione di apposita udienza, la Delibera Presidenziale n. 70 del 9 settembre 2020 e la Deliberazione di ratifica del Consiglio Federale n. 167 del 14 settembre 2020.
in via principale
– accertata l’invalidità dell’art. 5 del Regolamento Tecnico Amatoriale e dell’art. 1.1.3 delle Norme Attuative Amatoriali, annullare la Delibera Presidenziale n. 70 del 9 settembre 2020 e la Deliberazione del Consiglio Federale n. 167 del 14 settembre 2020 e ripristinare il tesseramento di Fabio Oliveri;
in via subordinata, qualora il Tribunale Federale non ritenesse di procedere alla disapplicazione diretta del requisito etico,
– devolvere, ai sensi dell’art. 33, n. 4 lett. f), Reg. Giustizia Federale, alla Corte d’Appello Federale II Sezione, la questione alla Corte Federale II Sezione, affinché intervenga con una pronuncia interpretativa sulla legittimità e conformità della regola etica di cui all’ Articolo 5 Reg. Tecnico Amatoriale FCI e all’art. 1.1.3 Norme Attuative Amatoriali FCI, suggerendo al Consiglio Federale la modifica di cui in narrativa.
Con vittoria delle spese, oltre il 15% di spese forfettarie, I.V.A., C.P.A”
A sostegno delle proprie richieste il ricorrente, premesso in fatto,di essere stato trovato positivo al “fenoterolo”il 28 aprile 2018, al termine della gara “Langhe Roero Bra Bra” e di aver subito, in seguito ai procedimenti disciplinari davanti al Tribunale Nazionale Antidoping dello sport e il TNA II Sezione una sanzionedi anni 2 di squalifica;
specificato che ai sensi dell’art. 5 del Regolamento Tecnico Amatoriale e dell’art. 1.1.3 delle Norme Attuative Amatoriali, in ragione delle quali“Non potranno essere tesserati Master i soggetti che risultino sanzionati dalla giustizia sportiva e/o ordinaria, per un periodo superiore a mesi 6 (sei), per motivi legati al doping. (c.d. Requisito Etico);
argomentato che dalla squalifica irrogata conseguirebbe una sanzione “a vita” per il ricorrente stante la natura asseritamente sanzionatoria del codice etico;
dedotto che la FCI nei propri regolamenti interni debba rispettare e conformarsi alle indicazioni e alle delibere della WADA, del CONI e dell’UCI e non possa adottare norme che anche indirettamente modifichino le previsioni su elencate;
ulteriormente specificato di aver impugnato la decisione del TNA citando la FCI e la NADO davanti al TAS, per ottenere una riduzione della sanzione e una pronuncia di invalidità del requisito etico.
Affermava che il TAS con decisione del 10 febbraio 2020, avrebbe sancito con decisione passata in giudicato ed opponibile alla FCI l’illegittimità del requisito etico introdotto dalla FCI con conseguente accoglibilità delle conclusioni così come formulate e sopra specificate.
Si costituiva ritualmente in giudizio la Federazione ciclistica italiana (di seguito anche FCI) impugnando e contestando le avverse pretese e specificando come in estrema sintesi:
– la tardività della richiesta di annullamento dell’art. 5 del regolamento tecnico amatoriale e dell’art. 1.1.3 delle norme attuative san poiché trattasi di norma introdotta con delibera del Consiglio Federale F.C.I. n. 260 del 6.12.2013, modificata con delibera Presidenziale n. 28/2014 del 3 marzo 2014 ed ulteriormente modificata con delibera presidenziale del 17.3.2014 n. 37.
– L’infondatezza dell’assunto relativo alla efficacia di Giudicato delladecisione del TAS del 10.2.2020 nei confronti della FCI in ordine alla asserita illiceità della normativa attinente il requisito etico.
– l’infondatezza del motivo di ricorso relativo alla natura sanzionatoria del requisito etico e sul difetto di legittimazione della FCI a introdurre norme antidoping;
– l’infondatezza del ricorso per le doglianze attinenti alla asserita violazione del principio di uguaglianza.
All’udienza del 21 ottobre 2020 le parti, illustrati ed argomentati i propri scritti, insistevano per l’accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate.
L’intestato Tribunale si ritirava in Camera di Consiglio all’esito del quale così decideva:
In via preliminare, appare doverosa una premessa che chiarisca, da subito, il metodo decisionale utilizzato dallo scrivente Tribunale, sia in relazione al procedimento logico giuridico alla base della presente decisione sia in relazione alle modalità di stesura del conseguente provvedimento.
Occorre specificare a priori, cioè, che si ritengono già oggetto di granitica e condivisa giurisprudenza, in ogni sede e grado, tutte le censure mosse dal ricorrente a corollario dell’unico elemento che potrebbe essere qualificato come “nuovo” rispetto a quanto già stabilito in precedenza ovverosia l’asserita efficacia di Giudicato delladecisione del TAS del 10.2.2020 nei confronti della FCI in ordine ad una pretesa illiceità della normativa attinente il requisito etico.
L’intestato Tribunale ha già avuto modo di evidenziare, in relazione alle censure comunemente mosse al requisito etico e reiterate anche in parte nel presente ricorso, quali ad esempio l’effetto sanzionatorio, mancata proporzionalità, impossibilità di riabilitazione, ecc. come, l’esigenza di un’etica, è e deve essere, una qualità di assoluto e preminente rilievo socio-giuridico, che non comprime ma, al contrario, espande e permea tutti i diritti garantiti (e da garantire) ai cittadini in generale ed agli sportivi in particolare.
Ha già avuto modo di chiarire l’intestato Tribunale Federale come lo sport, oltre che fenomeno sociale, è anche e soprattutto un fatto culturale, intimamente connesso con lo spirito umano e con l’agire umano.
L’adesione alle componenti etiche, culturali e sociali del fenomeno sportivo deve essere conforme ai valori che permeano il tessuto normativo che regge il nostro ordinamento giuridico ivi compresi i principi costituzionali.
Sotto tale profilo non si può ritenere che le regole del codice etico, in quanto ispirate a tali descritti valori, possano in alcun modo essere oggetto di censure.
È evidente che il codice etico non è finalizzato ad un intento sanzionatorio (come sostiene il ricorrente) poiché il provvedimento giustiziale (sportivo o ordinario che sia) si pone come mero presupposto di fatto.
L’esclusione della natura sanzionatoria consente di affermare che il requisito etico come introdotto esclusivamente per una singola categoria di tesserati – al di là del fatto che si ponga anche come un preminente principio di civiltà giuridica – appaia proporzionale all’obiettivo che si è posta la Federazione nella lotta al doping ed anche ispirato ad un criterio di ragionevolezza.
Chiarito, ulteriormente, quanto sopra, in merito alla decisione del TAS del 10.2.2020 che, a dire del ricorrente, avrebbe, in qualche modo, escluso la validità del requisito etico, introducendo un elemento di novità rispetto al passato tale da porre i profili già evidenziati sopra una nuova luce, occorre fare alcune precisazioni.
In primo luogo, lo scrivente Tribunale, non ritiene affatto che sia stata data dal TAS una nuova interpretazione (o interpretabilità) alle normative del Codice Etico e ciò per due ragioni strettamente connesse.
La prima è che l’arbitro del TAS, pur nella sua grande autorevolezza, non ha, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, emesso alcuna decisione in merito al codice etico, limitandosi, tra l’altro con l’uso di formule e tempi verbali dubitativi e condizionali, ad affermare che, a suo (esclusivo) dire (cfr. punto 73 del lodo TAS del 10.2.2020 “….Sembra doversi ritenere che l'articolo 13 delle norme di attuazione del regolamento tecnico FCI sia affetto da invalidità e non possa trovare applicazione, ragione per cui, ad avviso dell’Arbitro Unico, una volta decorsa la sanzione irrogata con la decisione appellata e confermata con il presente lodo, l'atleta dovrebbe poter tornare a gareggiare o a prendere parte ad eventi sportivi”
La seconda, connessa con la prima, è che la valutazione delle norme del codice etico non era parte integrante del c.d. thema decidendum.
L’Arbitro Unico del TAS, in sostanza, non era chiamato a decidere sulla validità del codice etico, neppure indirettamente o in via subordinata, ed ha agito di propria iniziativa, con un semplice obiter dictum, con la conseguenza che, quanto eventualmente (ed a tutto voler concedere) affermato nella propria decisione (utile ai fini esplicatori delle proprie tesi) rimane adagiato e “confinato” all’interno della stessa decisione senza in alcun modo spiegare erga omnes i propri effetti “giudicatori” essendone privo per natura giuridica.
Per tali ragioni non rinvenendo un elemento di novità rispetto alle statuizioni passate, non si ritiene di dover devolvere, ai sensi dell’art. 33, n. 4 lett. f), Reg. Giustizia Federale, alla Corte d’Appello Federale II Sezione affinché intervenga con una pronuncia interpretativa sulla legittimità e conformità della regola etica di cui all’ Articolo 5 Reg. Tecnico Amatoriale FCI e all’art. 1.1.3 Norme Attuative Amatoriali FCI, suggerendo al Consiglio Federale la modifica di cui in narrativa e ciò in quanto, oltre a quanto specificato, la predetta Corte, al pari dello scrivente Tribunale, si è già più volte espressa sulle questioni oggetto del presente ricorso (si vedain tal senso, a mero titolo esemplificativo, la decisione n. 2/2014 confermata anche dall’Alta Corte di Giustizia Sportiva con la pronuncia n. 15/2014 e successivamente dal TAR Lazio con ordinanza 3249/2015).
Ne consegue che tutte le istanze e conclusioni del ricorrente appaiono infondate e devono essere rigettate.
P.Q.M
Il Tribunale rigetta il ricorso.
Spese di lite compensate
il Presidente del Tribunale Federale
II Sezione
Avv. Adriano Simonetti
Pubblicato il 30 Ottobre 2020