Un’impresa, realizzata solo con la forza delle sue braccia, dai mille significati: umani, sociali ma anche sportivi, dove lo stesso sport viene interpretato come un mezzo per dimostrare che a volte la disabilità si può sconfiggere
Brescia – Ci sono voluti 39 giorni di impegno e fatica, lungo i circa 4.000 chilometri che dividono Brescia da Capo Nord, ma Maurizio Antonini ha coronato il suo sogno. Partito giovedì 23 giugno da Piazza della Loggia a bordo della sua handbike, il 56enne di Castegnato è arrivato al punto più a nord d’Europa nella serata di domenica 31 luglio. Un’impresa, realizzata solo con la forza delle sue braccia, dai mille significati: umani, sociali ma anche sportivi, dove lo stesso sport viene interpretato come un mezzo per dimostrare – come da mission di Active Sport, di cui Antonini è socio fondatore – che a volte la disabilità si può sconfiggere. “I primi giorni – racconta Antonini dalla Norvegia – sono stati i più duri: a livello fisico facevo fatica e psicologicamente ho pensato di non farcela, ma mi sono detto di continuare a provarci, augurandomi che la situazione potesse migliorare”. È stato così, attraverso Italia, Austria, Germania, Danimarca, Svezia e quindi Norvegia, combattendo con qualche tappa bagnata dalla pioggia fino al famoso globo che simboleggia l’arrivo. “L’ultima salita è volata in un secondo: l’emozione di arrivare era così forte che non me ne sono nemmeno accorto”. E l’arrivo è stato degno di una star, visto che – per puro caso, dato l’anticipo sulla tabella di marcia – Antonini ha completato il percorso nell’unico giorno dell’anno senza tramonto, quindi Capo Nord era affollatissimo di turisti in attesa del sole di mezzanotte. Scoperta la sua storia grazie all’amica Liliana, che l’ha accompagnato nel viaggio con un furgone camperizzato e l’ha atteso all’arrivo, tutti i presenti hanno voluto tributargli un grande applauso, e poi l’hanno trattenuto a lungo per foto e chiacchiere.
“All’arrivo – dice ancora il bresciano – non è stato facile realizzare di avercela fatta. Ho vissuto un vortice di emozioni fortissime, tutte insieme. Solo ora, piano piano, le sto riassaporando una per una. È una sensazione che mi riempie di gioia”. I presenti l’hanno anche aiutato, sollevandolo, a salire sulla piattaforma che ospita il globo, così da regalargli una foto da conservare nell’album dei ricordi. Solo lui, la sua handbike, l’orizzonte e una soddisfazione immensa. “Il messaggio che passa da questa esperienza? Prima di partire per l’ultima tappa ho conosciuto Thomas, un ragazzo tedesco che ha percorso una parte del tragitto insieme a me, segnalando alle auto la mia presenza in una galleria buia e ricca di buche. All’arrivo mi ha raccontato che era rimasto privo di forze, ma vedendo me, partito dall’Italia su una handbike, ha ritrovato un’energia incredibile, che gli ha permesso di tenere duro fino alla fine. Eccolo qui il messaggio: a volte ci arrendiamo per dei limiti che esistono solo dentro la nostra testa”. Antonini rientrerà in Italia nei prossimi giorni, a bordo del furgone camperizzato, non prima di fare una tappa a Lienz (Austria) da Sergio Balduchelli, capitano dell’Active Team La Leonessa che proprio in questi giorni vanta due atleti (Simona Canipari e Mirko Testa) ai mondiali di handbike in Canada. Dopo l’incidente che li ha obbligati alla sedia a rotelle, entrambi hanno riscoperto lo sport grazie anche ad Antonini, e all’impegno di Active Sport alla Domus Salutis di Brescia. Loro adesso sognano la medaglia d’oro, mentre lui progetta nuove imprese. “Realizzare un sogno – chiude – mi ha aiutato a capire di poterne inseguire tanti altri”. Il meglio deve ancora arrivare.