L’olandese attacca a 15 chilometri dalla conclusione e lascia tutti sui pedali, complice anche una foratura per Van Aert, poi terzo alle spalle anche di Philipsen. Sesto posto di Filippo Ganna.
La Parigi Roubaix è un mistero sportivo: per domare l’Inferno del Nord devi essere fortunato e il più forte. Fortuna e merito, nella Regina delle classiche, vanno a braccetto e non, come nel resto del mondo sportivo, in antitesi. Mathieu Van der Poel oggi si è dimostrato il più forte e può ringraziare la sua buona stella, almeno in due occasioni: quando fa a spallate con Degenkolb, sul tratto di pavé del Carrefour de l’Arbre (il tedesco per terra e lui che resta miracolosamente in scia a Van Aert) e al termine dello stesso Carrefour, quando Van Aert fora e, di fatto, gli lascia campo libero verso la vittoria.
Ma il corridore olandese, già vincitore della Sanremo quest’anno (e alla sua quarta classica), non ha rubato nulla. E’ stato lui a lanciare il guanto della sfida, insieme all’avversario di sempre (leggi Van Aert) a 100 chilometri dalla conclusione, nel temibile Arenberg. E’ stato sempre lui ad isolare i Jumbo Visma e trascinarsi dietro invece i compagni di colori Philipsen (poi secondo) e Vermeersch. E’ ancora lui a riprovarci, con due scatti secchi che hanno fatto male a molti, a 50 chilometri dalla conclusione. Scatti a cui resistono, con alterna prontezza, Van Aert, Pedersen ed anche Filippo Ganna, che alla fine di questa splendida e massacrante Roubaix, chiuderà al sesto posto: ‘Gli ultimi chilometri non sembravano passare mai. Alla fine mi sono mancate un po’ le gambe, ma forse anche qualche compagno di fuga, che si è lamentato dei crampi e poi invece…’.
Filippo Ganna era venuto qui, nell’Inferno del Nord, con la chiara intenzione di vincerla, per dimostrare di essere entrato in una nuova dimensione. Non ci è riuscito, ma il suo sesto posto, la presenza nel gruppo dei migliori fino al temibile Carrefour de l’Arbre, dimostra che gambe e testa per poter, un giorno, domare l’Inferno le ha. Dimostra, inoltre, che non esiste, nel suo caso, la differenza tra corse a cronometro e classiche: dopo il secondo posto nella Sanremo e il sesto alla Roubaix il suo futuro, anche nelle corse di un giorno, appare scritto, anche se adesso il campione piemontese preferisce non fare programmi: ‘Pensiamo a recuperare, poi vediamo…’.
La Parigi Roubaix si chiude nel segno dei corridori dell’Alpecin, al primo e secondo posto, e di un Van Aert che, nonostante la sconfitta, continua a raccogliere consensi, per il suo modo di correre, per la generosità che esprime in corsa e per la lunga serie di piazzamenti che sta collezionando. Una nemesi con il suo avversario di sempre, quel Van der Poel nipote del più amato e famoso ‘piazzato’ del ciclismo: Raymond Poulidor. Un duello, tra i due, che infiamma e le folle ed entusiasma, fatto di scatti e controscatti, di classe e fatica, fantasia e amore per il ciclismo classico, fuori da schemi preordinati e ordini di scuderia. Qualcosa che resterà per sempre negli annali del nostro sport e che oggi, tra le pietre polverose del nord della Francia, ha vissuto il suo ennesimo capitolo di una storia che ci auguriamo continui ancora a lungo.. a cominciare dal prossimo Monumento, la Liegi Bastogne Liegi. Sempre che nel frattempo non torni in pista anche il ‘Piccolo Principe’, alias Tadej Pogacar, l’uomo che al momento appare il grado di mettere d’accordo (e dietro) entrambi.
Antonio Ungaro
photo Luca Bettini/SprintCyclingAgency