Sessanta anni fa, il 2 gennaio del 1960, il Campionissimo si spegnava a Tortona, a seguito di una malaria mai diagnosticata.

    Oggi, 60 anni fa, Fausto Coppi moriva a Tortona. Il campione che aveva riscritto la storia del ciclismo, l’uomo che accompagnò l’Italia nella sua trasformazione verso la modernità, l’Airone, come scrisse Orio Vergani sulla Gazzetta, chiudeva per sempre le ali.

    La data di oggi in qualche modo chiude l’anno celebrativo dei “100 anni di Coppi”, culminato il 15 settembre di quest’anno con una serie di manifestazioni e pubblicazioni che hanno attraversato l’Italia e che si sono succedute, con incredibile ricchezza, sia prima che dopo la stessa data, a dimostrazione che Fausto resta legato alla cultura del nostro Paese, al pari di altri grandi personaggio del ciclismo come Gino Bartali e Alfredo Martini, solo per citarne altri due.

    In quel 2 gennaio di 60 anni fa scomparve, prematuramente a soli 41 anni, una delle figure che ha contribuito a dare prestigio all’Italia nel mondo, in anni in cui il nostro Paese provava faticosamente a curare le ferite di un periodo che ci aveva visto progressivamente ai margini. Coppi, insieme agli altri grandi campioni del nostro ciclismo “classico” (il già citato Bartali e il “terzo uomo” Magni) ci ha riportato, almeno sportivamente parlando, al centro della scena europea e mondiale, permettendo all’Italia di ritrovare quella fiducia nei propri mezzi e capacità che hanno permesso di spiccare il volo per una ricostruzione ancora oggi presa ad esempio.

    Anche in questo Fausto Coppi resta un modello e una figura attuale; ed è per questo che è giusto ricordarlo degnamente, ancora oggi, a 60 anni dalla sua scomparsa.

    Antonio Ungaro


    Fausto Coppi, l'attualità di un campione eterno

    Sessanta anni fa, il 2 gennaio del 1960, il Campionissimo si spegnava a Tortona, a seguito di una malaria mai diagnosticata.

    Sessanta anni fa, il 2 gennaio del 1960, il Campionissimo si spegnava a Tortona, a seguito di una malaria mai diagnosticata.

    Oggi, 60 anni fa, Fausto Coppi moriva a Tortona. Il campione che aveva riscritto la storia del ciclismo, l’uomo che accompagnò l’Italia nella sua trasformazione verso la modernità, l’Airone, come scrisse Orio Vergani sulla Gazzetta, chiudeva per sempre le ali.

    La data di oggi in qualche modo chiude l’anno celebrativo dei “100 anni di Coppi”, culminato il 15 settembre di quest’anno con una serie di manifestazioni e pubblicazioni che hanno attraversato l’Italia e che si sono succedute, con incredibile ricchezza, sia prima che dopo la stessa data, a dimostrazione che Fausto resta legato alla cultura del nostro Paese, al pari di altri grandi personaggio del ciclismo come Gino Bartali e Alfredo Martini, solo per citarne altri due.

    In quel 2 gennaio di 60 anni fa scomparve, prematuramente a soli 41 anni, una delle figure che ha contribuito a dare prestigio all’Italia nel mondo, in anni in cui il nostro Paese provava faticosamente a curare le ferite di un periodo che ci aveva visto progressivamente ai margini. Coppi, insieme agli altri grandi campioni del nostro ciclismo “classico” (il già citato Bartali e il “terzo uomo” Magni) ci ha riportato, almeno sportivamente parlando, al centro della scena europea e mondiale, permettendo all’Italia di ritrovare quella fiducia nei propri mezzi e capacità che hanno permesso di spiccare il volo per una ricostruzione ancora oggi presa ad esempio.

    Anche in questo Fausto Coppi resta un modello e una figura attuale; ed è per questo che è giusto ricordarlo degnamente, ancora oggi, a 60 anni dalla sua scomparsa.

    Antonio Ungaro


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    Fausto Coppi, l'attualità di un campione eterno

    Sessanta anni fa, il 2 gennaio del 1960, il Campionissimo si spegnava a Tortona, a seguito di una malaria mai diagnosticata.

    Oggi, 60 anni fa, Fausto Coppi moriva a Tortona. Il campione che aveva riscritto la storia del ciclismo, l’uomo che accompagnò l’Italia nella sua trasformazione verso la modernità, l’Airone, come scrisse Orio Vergani sulla Gazzetta, chiudeva per sempre le ali.

    La data di oggi in qualche modo chiude l’anno celebrativo dei “100 anni di Coppi”, culminato il 15 settembre di quest’anno con una serie di manifestazioni e pubblicazioni che hanno attraversato l’Italia e che si sono succedute, con incredibile ricchezza, sia prima che dopo la stessa data, a dimostrazione che Fausto resta legato alla cultura del nostro Paese, al pari di altri grandi personaggio del ciclismo come Gino Bartali e Alfredo Martini, solo per citarne altri due.

    In quel 2 gennaio di 60 anni fa scomparve, prematuramente a soli 41 anni, una delle figure che ha contribuito a dare prestigio all’Italia nel mondo, in anni in cui il nostro Paese provava faticosamente a curare le ferite di un periodo che ci aveva visto progressivamente ai margini. Coppi, insieme agli altri grandi campioni del nostro ciclismo “classico” (il già citato Bartali e il “terzo uomo” Magni) ci ha riportato, almeno sportivamente parlando, al centro della scena europea e mondiale, permettendo all’Italia di ritrovare quella fiducia nei propri mezzi e capacità che hanno permesso di spiccare il volo per una ricostruzione ancora oggi presa ad esempio.

    Anche in questo Fausto Coppi resta un modello e una figura attuale; ed è per questo che è giusto ricordarlo degnamente, ancora oggi, a 60 anni dalla sua scomparsa.

    Antonio Ungaro