MAGLIA AZZURRA

    ROMA – Marco Villa, 56 anni, milanese di nascita, cremasco di adozione, è sicuramente l’uomo del momento. Dopo aver lavorato alla rinascita del ciclismo italiano su pista e festeggiato le tre medaglie d’oro olimpiche di Viviani, del quartetto e della Madison femminile, eredita il non facile compito di CT della Nazionale professionisti. Il Consiglio federale del 22 febbraio gli ha anche lasciato il ruolo di CT della pista femminile in comproprietà con Diego Bragato.

    – Il passaggio dalla pista alla strada, le differenze per te.
    “In pista conta molto l’allenamento, la formazione del gruppo e l’affinamento della tecnica. Su strada sarà più un lavoro di scelte e di selezioni. Gestione del gruppo e rapporti con i Team sono aspetti che però ho curato molto anche prima. Da questo punto di vista si continua sul percorso già tracciato.”

    – In pista avevi l’opportunità di incontrare gli atleti periodicamente adesso invece?
    “Vero. Qui servirà fare gruppo in pochi giorni. Mi auguro di avere percorsi che nei prossimi anni permettano di mantenere una ossatura tecnica della squadra principale e atleti di riferimento che aiutino l’inserimento graduale di giovani. Credo sarebbe la cosa migliore per costruire un percorso di qualità.”

    – Come pensi di impostare il lavoro nei prossimi mesi e quale sarà il tuo metodo di lavoro?
    “Sarà un lavoro di conoscenza degli atleti ma soprattutto di dialogo con i Team di riferimento, con i direttori sportivi e i singoli preparatori. Un dialogo che ho sempre considerato fondamentale per conoscere le intenzioni degli atleti, il loro percorso di avvicinamento agli appuntamenti e la condizione atletica”.

    – Quali è il livello del movimento professionistico italiano in questo momento?
    “Siamo sempre stati una nazione da rispettare. Campionati continentali non sono mancati negli anni e nemmeno vittorie e piazzamenti prestigiosi nelle classiche. Abbiamo anche molti giovani scelti da squadre World Tour e altrettanti in squadre italiane che stanno lavorando molto bene. Tutto questo aiuta a far crescere il movimento. Ci dobbiamo credere tutti su questo aspetto, perché per migliorare bisogna avere la convinzione delle nostre potenzialità e capacità.”

    – Cosa manca per essere al pari dei paesi leader?
    “Sarebbe bello avere più risorse economiche dagli sponsor, aziende che ritornino ad investire nel ciclismo. Una volta trovate le risorse abbiamo tante persone capaci, con tanta passione in grado di riportarci ad essere una Nazionale di riferimento.”

    – Se in linea mancano risultati da tempo, a cronometro siamo leader. Anche questa una bella responsabilità.
    “Ho sempre lavorato parallelamente fra pista e cronometro. Come attività la Federazione ha investito molto sul Progetto Crono con una bella programmazione di gare e i risultati si sono visti in questi anni.”

    – CT dei pro e della pista donne: in qualche modo si è raddoppiato l’impegno. Con quale spirito affronti queste sfide?
    “Sempre con lo spirito di volere fare bene. Con le donne pista sono contento di poter portare a termine un lavoro iniziato tre anni fa che può raggiungere la massima espressione a Los Angeles. Abbiamo un gruppo che merita tutta la nostra attenzione.

    Per quanto riguarda il ruolo di CT professionisti, è sicuramente una sfida di prestigio. Voglio credere nei nostri atleti. Come ho già detto siamo sempre stati protagonisti anche nelle gare a tappe. Nibali è stato un nostro degno rappresentante e non è molto che ha smesso. D’altronde il ciclismo si è globalizzato. Pochi anni fa il giro è stato vinto da un canadese..  Slovacchia prima, Slovenia adesso, paesi che fino a poco tempo fa non esistevano nella geografia del nostro sport, dominano con dei fuoriclasse. Dobbiamo applaudirli, ma noi col nostro movimento, non siamo mai stati lontano ed assenti.”

    – Sei un tecnico che ama lavorare senza cercare le luci della ribalta. Questo tuo ruolo invece ti porterà al centro dei media con maggiore frequenza. Senti la pressione?
    “Colgo l’occasione per ringraziare il presidente Dagnoni e il segretario Tolu che mi hanno voluto in pianta stabile in Federazione e mi hanno riservato un ruolo prestigioso, in passato occupato da tecnici e uomini di grandissimo spessore.

    Si, sento la responsabilità, ma è la stessa che ho sentito in questi anni anche nell’incarico in pista. L’ho sempre considerata uno stimolo. Poi in caso di “troppa ribalta” mi sono tenuto un pezzo di pista; mi rifugerò dentro qualche tondino o a Montichiari!”

    Federciclismo

    Federazione Ciclistica Italiana





    Marco Villa, CT Professionisti strada e donne elite pista: "Una grande responsabilità"

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    ROMA - Marco Villa, 56 anni, milanese di nascita, cremasco di adozione, è sicuramente l'uomo del momento. Dopo aver lavorato alla rinascita del ciclismo italiano su pista e festeggiato le tre medaglie d'oro olimpiche di Viviani, del quartetto e della Madison femminile, eredita il non facile compito di CT della Nazionale professionisti. Il Consiglio federale del 22 febbraio gli ha anche lasciato il ruolo di CT della pista femminile in comproprietà con Diego Bragato.

    - Il passaggio dalla pista alla strada, le differenze per te.
    “In pista conta molto l’allenamento, la formazione del gruppo e l’affinamento della tecnica. Su strada sarà più un lavoro di scelte e di selezioni. Gestione del gruppo e rapporti con i Team sono aspetti che però ho curato molto anche prima. Da questo punto di vista si continua sul percorso già tracciato.”

    - In pista avevi l’opportunità di incontrare gli atleti periodicamente adesso invece?
    “Vero. Qui servirà fare gruppo in pochi giorni. Mi auguro di avere percorsi che nei prossimi anni permettano di mantenere una ossatura tecnica della squadra principale e atleti di riferimento che aiutino l’inserimento graduale di giovani. Credo sarebbe la cosa migliore per costruire un percorso di qualità.”

    - Come pensi di impostare il lavoro nei prossimi mesi e quale sarà il tuo metodo di lavoro?
    “Sarà un lavoro di conoscenza degli atleti ma soprattutto di dialogo con i Team di riferimento, con i direttori sportivi e i singoli preparatori. Un dialogo che ho sempre considerato fondamentale per conoscere le intenzioni degli atleti, il loro percorso di avvicinamento agli appuntamenti e la condizione atletica”.

    - Quali è il livello del movimento professionistico italiano in questo momento?
    “Siamo sempre stati una nazione da rispettare. Campionati continentali non sono mancati negli anni e nemmeno vittorie e piazzamenti prestigiosi nelle classiche. Abbiamo anche molti giovani scelti da squadre World Tour e altrettanti in squadre italiane che stanno lavorando molto bene. Tutto questo aiuta a far crescere il movimento. Ci dobbiamo credere tutti su questo aspetto, perché per migliorare bisogna avere la convinzione delle nostre potenzialità e capacità.”

    - Cosa manca per essere al pari dei paesi leader?
    “Sarebbe bello avere più risorse economiche dagli sponsor, aziende che ritornino ad investire nel ciclismo. Una volta trovate le risorse abbiamo tante persone capaci, con tanta passione in grado di riportarci ad essere una Nazionale di riferimento.”

    - Se in linea mancano risultati da tempo, a cronometro siamo leader. Anche questa una bella responsabilità.
    “Ho sempre lavorato parallelamente fra pista e cronometro. Come attività la Federazione ha investito molto sul Progetto Crono con una bella programmazione di gare e i risultati si sono visti in questi anni.”

    - CT dei pro e della pista donne: in qualche modo si è raddoppiato l’impegno. Con quale spirito affronti queste sfide?
    “Sempre con lo spirito di volere fare bene. Con le donne pista sono contento di poter portare a termine un lavoro iniziato tre anni fa che può raggiungere la massima espressione a Los Angeles. Abbiamo un gruppo che merita tutta la nostra attenzione.

    Per quanto riguarda il ruolo di CT professionisti, è sicuramente una sfida di prestigio. Voglio credere nei nostri atleti. Come ho già detto siamo sempre stati protagonisti anche nelle gare a tappe. Nibali è stato un nostro degno rappresentante e non è molto che ha smesso. D’altronde il ciclismo si è globalizzato. Pochi anni fa il giro è stato vinto da un canadese..  Slovacchia prima, Slovenia adesso, paesi che fino a poco tempo fa non esistevano nella geografia del nostro sport, dominano con dei fuoriclasse. Dobbiamo applaudirli, ma noi col nostro movimento, non siamo mai stati lontano ed assenti.”

    - Sei un tecnico che ama lavorare senza cercare le luci della ribalta. Questo tuo ruolo invece ti porterà al centro dei media con maggiore frequenza. Senti la pressione?
    “Colgo l'occasione per ringraziare il presidente Dagnoni e il segretario Tolu che mi hanno voluto in pianta stabile in Federazione e mi hanno riservato un ruolo prestigioso, in passato occupato da tecnici e uomini di grandissimo spessore.

    Si, sento la responsabilità, ma è la stessa che ho sentito in questi anni anche nell’incarico in pista. L’ho sempre considerata uno stimolo. Poi in caso di "troppa ribalta" mi sono tenuto un pezzo di pista; mi rifugerò dentro qualche tondino o a Montichiari!”

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    ROMA - Marco Villa, 56 anni, milanese di nascita, cremasco di adozione, è sicuramente l'uomo del momento. Dopo aver lavorato alla rinascita del ciclismo italiano su pista e festeggiato le tre medaglie d'oro olimpiche di Viviani, del quartetto e della Madison femminile, eredita il non facile compito di CT della Nazionale professionisti. Il Consiglio federale del 22 febbraio gli ha anche lasciato il ruolo di CT della pista femminile in comproprietà con Diego Bragato.

    - Il passaggio dalla pista alla strada, le differenze per te.
    “In pista conta molto l’allenamento, la formazione del gruppo e l’affinamento della tecnica. Su strada sarà più un lavoro di scelte e di selezioni. Gestione del gruppo e rapporti con i Team sono aspetti che però ho curato molto anche prima. Da questo punto di vista si continua sul percorso già tracciato.”

    - In pista avevi l’opportunità di incontrare gli atleti periodicamente adesso invece?
    “Vero. Qui servirà fare gruppo in pochi giorni. Mi auguro di avere percorsi che nei prossimi anni permettano di mantenere una ossatura tecnica della squadra principale e atleti di riferimento che aiutino l’inserimento graduale di giovani. Credo sarebbe la cosa migliore per costruire un percorso di qualità.”

    - Come pensi di impostare il lavoro nei prossimi mesi e quale sarà il tuo metodo di lavoro?
    “Sarà un lavoro di conoscenza degli atleti ma soprattutto di dialogo con i Team di riferimento, con i direttori sportivi e i singoli preparatori. Un dialogo che ho sempre considerato fondamentale per conoscere le intenzioni degli atleti, il loro percorso di avvicinamento agli appuntamenti e la condizione atletica”.

    - Quali è il livello del movimento professionistico italiano in questo momento?
    “Siamo sempre stati una nazione da rispettare. Campionati continentali non sono mancati negli anni e nemmeno vittorie e piazzamenti prestigiosi nelle classiche. Abbiamo anche molti giovani scelti da squadre World Tour e altrettanti in squadre italiane che stanno lavorando molto bene. Tutto questo aiuta a far crescere il movimento. Ci dobbiamo credere tutti su questo aspetto, perché per migliorare bisogna avere la convinzione delle nostre potenzialità e capacità.”

    - Cosa manca per essere al pari dei paesi leader?
    “Sarebbe bello avere più risorse economiche dagli sponsor, aziende che ritornino ad investire nel ciclismo. Una volta trovate le risorse abbiamo tante persone capaci, con tanta passione in grado di riportarci ad essere una Nazionale di riferimento.”

    - Se in linea mancano risultati da tempo, a cronometro siamo leader. Anche questa una bella responsabilità.
    “Ho sempre lavorato parallelamente fra pista e cronometro. Come attività la Federazione ha investito molto sul Progetto Crono con una bella programmazione di gare e i risultati si sono visti in questi anni.”

    - CT dei pro e della pista donne: in qualche modo si è raddoppiato l’impegno. Con quale spirito affronti queste sfide?
    “Sempre con lo spirito di volere fare bene. Con le donne pista sono contento di poter portare a termine un lavoro iniziato tre anni fa che può raggiungere la massima espressione a Los Angeles. Abbiamo un gruppo che merita tutta la nostra attenzione.

    Per quanto riguarda il ruolo di CT professionisti, è sicuramente una sfida di prestigio. Voglio credere nei nostri atleti. Come ho già detto siamo sempre stati protagonisti anche nelle gare a tappe. Nibali è stato un nostro degno rappresentante e non è molto che ha smesso. D’altronde il ciclismo si è globalizzato. Pochi anni fa il giro è stato vinto da un canadese..  Slovacchia prima, Slovenia adesso, paesi che fino a poco tempo fa non esistevano nella geografia del nostro sport, dominano con dei fuoriclasse. Dobbiamo applaudirli, ma noi col nostro movimento, non siamo mai stati lontano ed assenti.”

    - Sei un tecnico che ama lavorare senza cercare le luci della ribalta. Questo tuo ruolo invece ti porterà al centro dei media con maggiore frequenza. Senti la pressione?
    “Colgo l'occasione per ringraziare il presidente Dagnoni e il segretario Tolu che mi hanno voluto in pianta stabile in Federazione e mi hanno riservato un ruolo prestigioso, in passato occupato da tecnici e uomini di grandissimo spessore.

    Si, sento la responsabilità, ma è la stessa che ho sentito in questi anni anche nell’incarico in pista. L’ho sempre considerata uno stimolo. Poi in caso di "troppa ribalta" mi sono tenuto un pezzo di pista; mi rifugerò dentro qualche tondino o a Montichiari!”