Durante questo difficile 2020 la FCI ha potuto testare l’efficacia della propria macchina organizzativa e dell’intero gruppo azzurro, coltivando la sinergia tra diverse discipline come motore di crescita e sviluppo

Una macchina organizzativa ben oliata, solida, compatta, capace di trarre il meglio anche dalle situazioni di emergenza. Anche estrema, come il periodo di lockdown che l’Italia ha subìto a causa della pandemia da Covid-19. Questa si è dimostrata essere la Federazione Ciclistica Italiana: un gruppo unito e saldo, capace di sfruttare lo stop forzato per crescere ancora, insieme. Lo ha dimostrato in primis tramite lo sviluppo dell’attività di formazione a distanza, strumento con il quale la Federazione ha investito sui propri atleti sfruttando le opportunità offerte dalla tecnologia, e scegliendo la direzione della crescita personale e professionale.

Ma lo ha dimostrato anche sul campo. Anzi, in pista. Ne è nata una bella storia, grazie prima di tutto al confronto tra FCI, tecnici nazionali, atleti e società. Una storia che racconta di come la FCI ed il ciclismo non si siano mai veramente fermati, lavorando e sfruttando una situazione avversa per trarne il massimo beneficio, per sé e per i propri atleti. Il primo capitolo di questa storia parte proprio dal periodo di quarantena, in cui Tecnici Nazionali e Struttura Tecnica hanno avviato un continuo e proficuo confronto con le varie società. Da qui l’appello del CT Marco Villa, rivolto in particolare a tutte quelle società juniores che avevano sempre privilegiato l’attività su strada: perché non tentare un approccio alla pista, selezionando atleti da testare sulla pista di Montichiari? Complice anche il fatto che l’allenamento su pista era – in un primo momento – l’unica vera alternativa ai rulli in casa, la risposta è stata più che positiva: in soli tre mesi, sono stati ben 120 gli atleti juniores convocati dal Commissario Tecnico azzurro.

“E’ stata una bella occasione, nonostante il momento” le parole del CT Villa, che aggiunge: “C’è stata una grande collaborazione da parte di tutti: a partire dallo staff della Struttura Tecnica, che tra convocazioni, verifiche, confronti, autocertificazioni e protocolli mi ha dato una grossa mano; passando per il Coordinatore delle Squadre Nazionali Davide Cassani, che regolarmente chiamava per avere continui aggiornamenti su numeri e risultati degli atleti testati; arrivando anche al presidente FCI Di Rocco, che ogni volta ci aggiornava sui vari protocolli da seguire. E’ stato un periodo sicuramente molto difficile, ma grazie al quale abbiamo potuto testare l’efficacia della macchina organizzativa e dell’intero gruppo azzurro: abbiamo dimostrato non solo di saper lavorare bene anche in condizioni di emergenza, ma soprattutto di saperle sfruttare. La cosa che mi ha colpito di più è che quelli che avevano più paura di tutta questa situazione eravamo noi: guardando negli occhi ognuno di questi ragazzi, si percepiva immediatamente la loro voglia di ripartire, di farsi vedere. Ed è questo che mi ha dato la forza di lavorare per 3 mesi anche il sabato e la domenica: non rimpiango nemmeno un giorno, vedendo la loro voglia di fare, non potevo certo tirarmi indietro”.

Il beneficio più grande lo hanno tratto proprio i nostri atleti, che hanno potuto testare l’efficacia della multidisciplinarietà, che rappresenta oggi un valore aggiunto se non addirittura una conditio sine qua non per il raggiungimento di obiettivi di altissimo livello. La pista, la strada, la MTB, il ciclocross sono tutte frecce importanti all'arco di un ciclista che ambisca a diventare un atleta versatile e temibile in tutte le situazioni di gara. I test svolti sui giovani juniores ne sono un esempio evidente: “Atleti e società che non hanno mai avuto a che fare con la pista, hanno avuto la possibilità di far vedere dei bei numeri e di conseguenza hanno capito che lavorando su pista si può andare forte anche su strada” conclude il CT Villa.

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Il secondo nome è quello di Lorenzo Tedeschi, che ha tentato il primo approccio alla pista proprio grazie all’appello del CT azzurro, partecipando quindi ai test di Montichiari. Incuriosito da una disciplina diversa dalla strada, che garantisce lo sviluppo di una fluidità di pedalata straordinaria e un incremento delle capacità di interpretare le situazioni di gara – soprattutto in gruppo -, l’atleta dell’UC Casano ha deciso di iscriversi al Campionato Italiano di Inseguimento Individuale per la categoria JRS, in scena al velodromo di Forlì. Il risultato è stato uno straordinario secondo posto ed il titolo di campione toscano, che alla prima esperienza in pista su un palcoscenico importante come quello nazionale non è niente male.

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Anche il settore femminile si è portato avanti col lavoro, durante questo strano e difficile 2020. Il periodo di isolamento ha colpito un po’ tutti, “ma riferito alla nostra realtà, fatta di ragazze abituate a vivere in gruppo e con la valigia in mano, è stato un cambiamento veramente estremo” spiega il CT Dino Salvoldi. Che aggiunge: “Ci siamo posti subito un problema: come programmare senza obiettivi? Fare niente e aspettare soltanto sarebbe stato sbagliato. Allenarsi troppo sarebbe stato ugualmente controproducente, mancando prospettive ed obiettivi. Grazie al continuo confronto con atlete ed allenatori, assieme alla Federazione abbiamo fornito un programma di allenamento quotidiano da svolgere in casa, sia funzionale che legato ai rulli. E non solo: abbiamo anche fornito tutti i mezzi di allenamento necessari a coloro che ne avevano bisogno, mettendo dunque tutti in condizione di poter continuare ad allenarsi. Quindi quando mi viene chiesto se il ciclismo italiano si è fermato durante il lockdown, io sono fiero di rispondere: no, gli ingranaggi della Federazione hanno sempre continuato a girare, sempre pensando al bene di ogni singolo atleta e di ogni singolo tesserato”.

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Chiuso il periodo di isolamento, anche le ragazze sono potute tornare ad allenarsi a Montichiari: “Anche se le sedute erano individuali e non collettive, il nuovo step ha garantito un ricoinvolgimento importante dal punto di vista psicologico: uscire di casa, ritrovarsi, ricominciare… anche se a distanza di sicurezza”. E, piano piano, anche certi orizzonti si sono potuti allargare: “Confrontandomi con Mirko Celestino, abbiamo deciso di coinvolgere alcune atlete del fuoristrada. In particolare Gaia Tormena, campionessa italiana, europea e mondiale nell’XCE: un presentimento che abbiamo poi visto confermato a Montichiari, tanto da considerare concretamente di impiegarla su pista, se solo il calendario ce ne avesse data la possibilità”. Un altro esempio di come la formazione sportiva attraverso il superamento della specificità, in assoluto, di una singola disciplina, potrà raggiungere nuovi livelli di competenza e quindi di performance.

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L’intuizione di lanciare Gaia Tormena anche su pista è arrivata per primo a Mirko Celestino, CT della nazionale MTB: "Osservandola nella sua disciplina, l'Eliminator (XCE), mi ha impressionato la sua determinazione, la concentrazione, l'esplosività in partenza e la voglia di combattere" spiega il Commissario Tecnico. Che aggiunge: "Stiamo parlado di una ragazza appena maggiorenne: è difficile oggi trovare qualcuna che non abbia paura del contatto corpo a corpo per conquistarsi l'entrata in un sentiero, oppure che non abbia paura di frenare con più decisione o "spallare" l'avversario. Piccoli segnali che mi hanno convinto a contattare Dino Salvoldi, CT della nazionale strada e pista femminile, proponendogli appunto di osservare Gaia, perché a mio parere avrebbe potuto dire la sua in alcune discipline della pista".

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Una sensazione che ha trovato presto conferma: "I segnali sono stati subito buoni – racconta ancora il Commissario Tecnico -, nonostante non fosse mai salita su una bici da pista, coraggio e determinazione sono stati notati sin dal primo momento. Dopo varie sedute so che lei si diverte molto, ma soprattutto è soddisfatta perché la pista la aiuterà tanto a migliorare alcuni aspetti della sua disciplina e ad emergere l'XCO, il suo prossimo obiettivo".

Di multidisciplina ne sa tanto Mirko Celestino, che a 33 anni ha messo da parte la strada per mancanza di stimoli: "Non avevo più la testa per affrontare il mondo professionistico, mi mancavano quelle motivazioni che ti fanno fare la fatica necessaria a vincere una gara. Quella motivazione l'ho ritrovata in sella ad una mountainbike". Col fuoristrada di soddisfazioni se n'è tolte parecchie, e ad aiutarlo è stato proprio l'affrontare diverse discipline per raggiungere nuovi livelli di prestazione e migliorare la sensibilità di guida: "Non guardavo al risultato ma all'aspetto tecnico, proprio per migliorare i miei punti deboli, togliermi la paura di affrontare certi passaggi e raggiungere un buon livello". L'auspicio per il futuro è quindi incrementare la sinergia fra le diverse specialità, ed un nuovo passo è stato fatto proprio con la manifestazione Extragiro, in cui tutte le squadre partecipanti avevano l'obbligo di iscrivere almeno uno dei loro corridori alla prova di mountainbike: una scelta veramente apprezzata e che fa ben sperare.

Valentina Vercillo
Comunicazione FCI


Federciclismo

Federazione Ciclistica Italiana





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  2. Resilienza e multidisciplinarietà: sfruttare la crisi per crescere e migliorare

Resilienza e multidisciplinarietà: sfruttare la crisi per crescere e migliorare

Durante questo difficile 2020 la FCI ha potuto testare l’efficacia della propria macchina organizzativa e dell’intero gruppo azzurro, coltivando la sinergia tra diverse discipline come motore di crescita e sviluppo

Durante questo difficile 2020 la FCI ha potuto testare l’efficacia della propria macchina organizzativa e dell’intero gruppo azzurro, coltivando la sinergia tra diverse discipline come motore di crescita e sviluppo

Una macchina organizzativa ben oliata, solida, compatta, capace di trarre il meglio anche dalle situazioni di emergenza. Anche estrema, come il periodo di lockdown che l’Italia ha subìto a causa della pandemia da Covid-19. Questa si è dimostrata essere la Federazione Ciclistica Italiana: un gruppo unito e saldo, capace di sfruttare lo stop forzato per crescere ancora, insieme. Lo ha dimostrato in primis tramite lo sviluppo dell’attività di formazione a distanza, strumento con il quale la Federazione ha investito sui propri atleti sfruttando le opportunità offerte dalla tecnologia, e scegliendo la direzione della crescita personale e professionale.

Ma lo ha dimostrato anche sul campo. Anzi, in pista. Ne è nata una bella storia, grazie prima di tutto al confronto tra FCI, tecnici nazionali, atleti e società. Una storia che racconta di come la FCI ed il ciclismo non si siano mai veramente fermati, lavorando e sfruttando una situazione avversa per trarne il massimo beneficio, per sé e per i propri atleti. Il primo capitolo di questa storia parte proprio dal periodo di quarantena, in cui Tecnici Nazionali e Struttura Tecnica hanno avviato un continuo e proficuo confronto con le varie società. Da qui l’appello del CT Marco Villa, rivolto in particolare a tutte quelle società juniores che avevano sempre privilegiato l’attività su strada: perché non tentare un approccio alla pista, selezionando atleti da testare sulla pista di Montichiari? Complice anche il fatto che l’allenamento su pista era – in un primo momento – l’unica vera alternativa ai rulli in casa, la risposta è stata più che positiva: in soli tre mesi, sono stati ben 120 gli atleti juniores convocati dal Commissario Tecnico azzurro.

“E’ stata una bella occasione, nonostante il momento” le parole del CT Villa, che aggiunge: “C’è stata una grande collaborazione da parte di tutti: a partire dallo staff della Struttura Tecnica, che tra convocazioni, verifiche, confronti, autocertificazioni e protocolli mi ha dato una grossa mano; passando per il Coordinatore delle Squadre Nazionali Davide Cassani, che regolarmente chiamava per avere continui aggiornamenti su numeri e risultati degli atleti testati; arrivando anche al presidente FCI Di Rocco, che ogni volta ci aggiornava sui vari protocolli da seguire. E’ stato un periodo sicuramente molto difficile, ma grazie al quale abbiamo potuto testare l’efficacia della macchina organizzativa e dell’intero gruppo azzurro: abbiamo dimostrato non solo di saper lavorare bene anche in condizioni di emergenza, ma soprattutto di saperle sfruttare. La cosa che mi ha colpito di più è che quelli che avevano più paura di tutta questa situazione eravamo noi: guardando negli occhi ognuno di questi ragazzi, si percepiva immediatamente la loro voglia di ripartire, di farsi vedere. Ed è questo che mi ha dato la forza di lavorare per 3 mesi anche il sabato e la domenica: non rimpiango nemmeno un giorno, vedendo la loro voglia di fare, non potevo certo tirarmi indietro”.

Il beneficio più grande lo hanno tratto proprio i nostri atleti, che hanno potuto testare l’efficacia della multidisciplinarietà, che rappresenta oggi un valore aggiunto se non addirittura una conditio sine qua non per il raggiungimento di obiettivi di altissimo livello. La pista, la strada, la MTB, il ciclocross sono tutte frecce importanti all'arco di un ciclista che ambisca a diventare un atleta versatile e temibile in tutte le situazioni di gara. I test svolti sui giovani juniores ne sono un esempio evidente: “Atleti e società che non hanno mai avuto a che fare con la pista, hanno avuto la possibilità di far vedere dei bei numeri e di conseguenza hanno capito che lavorando su pista si può andare forte anche su strada” conclude il CT Villa.

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Chiuso il periodo di isolamento, anche le ragazze sono potute tornare ad allenarsi a Montichiari: “Anche se le sedute erano individuali e non collettive, il nuovo step ha garantito un ricoinvolgimento importante dal punto di vista psicologico: uscire di casa, ritrovarsi, ricominciare… anche se a distanza di sicurezza”. E, piano piano, anche certi orizzonti si sono potuti allargare: “Confrontandomi con Mirko Celestino, abbiamo deciso di coinvolgere alcune atlete del fuoristrada. In particolare Gaia Tormena, campionessa italiana, europea e mondiale nell’XCE: un presentimento che abbiamo poi visto confermato a Montichiari, tanto da considerare concretamente di impiegarla su pista, se solo il calendario ce ne avesse data la possibilità”. Un altro esempio di come la formazione sportiva attraverso il superamento della specificità, in assoluto, di una singola disciplina, potrà raggiungere nuovi livelli di competenza e quindi di performance.

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Una sensazione che ha trovato presto conferma: "I segnali sono stati subito buoni - racconta ancora il Commissario Tecnico -, nonostante non fosse mai salita su una bici da pista, coraggio e determinazione sono stati notati sin dal primo momento. Dopo varie sedute so che lei si diverte molto, ma soprattutto è soddisfatta perché la pista la aiuterà tanto a migliorare alcuni aspetti della sua disciplina e ad emergere l'XCO, il suo prossimo obiettivo".

Di multidisciplina ne sa tanto Mirko Celestino, che a 33 anni ha messo da parte la strada per mancanza di stimoli: "Non avevo più la testa per affrontare il mondo professionistico, mi mancavano quelle motivazioni che ti fanno fare la fatica necessaria a vincere una gara. Quella motivazione l'ho ritrovata in sella ad una mountainbike". Col fuoristrada di soddisfazioni se n'è tolte parecchie, e ad aiutarlo è stato proprio l'affrontare diverse discipline per raggiungere nuovi livelli di prestazione e migliorare la sensibilità di guida: "Non guardavo al risultato ma all'aspetto tecnico, proprio per migliorare i miei punti deboli, togliermi la paura di affrontare certi passaggi e raggiungere un buon livello". L'auspicio per il futuro è quindi incrementare la sinergia fra le diverse specialità, ed un nuovo passo è stato fatto proprio con la manifestazione Extragiro, in cui tutte le squadre partecipanti avevano l'obbligo di iscrivere almeno uno dei loro corridori alla prova di mountainbike: una scelta veramente apprezzata e che fa ben sperare.

Valentina Vercillo
Comunicazione FCI


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Resilienza e multidisciplinarietà: sfruttare la crisi per crescere e migliorare

Durante questo difficile 2020 la FCI ha potuto testare l’efficacia della propria macchina organizzativa e dell’intero gruppo azzurro, coltivando la sinergia tra diverse discipline come motore di crescita e sviluppo

Una macchina organizzativa ben oliata, solida, compatta, capace di trarre il meglio anche dalle situazioni di emergenza. Anche estrema, come il periodo di lockdown che l’Italia ha subìto a causa della pandemia da Covid-19. Questa si è dimostrata essere la Federazione Ciclistica Italiana: un gruppo unito e saldo, capace di sfruttare lo stop forzato per crescere ancora, insieme. Lo ha dimostrato in primis tramite lo sviluppo dell’attività di formazione a distanza, strumento con il quale la Federazione ha investito sui propri atleti sfruttando le opportunità offerte dalla tecnologia, e scegliendo la direzione della crescita personale e professionale.

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“E’ stata una bella occasione, nonostante il momento” le parole del CT Villa, che aggiunge: “C’è stata una grande collaborazione da parte di tutti: a partire dallo staff della Struttura Tecnica, che tra convocazioni, verifiche, confronti, autocertificazioni e protocolli mi ha dato una grossa mano; passando per il Coordinatore delle Squadre Nazionali Davide Cassani, che regolarmente chiamava per avere continui aggiornamenti su numeri e risultati degli atleti testati; arrivando anche al presidente FCI Di Rocco, che ogni volta ci aggiornava sui vari protocolli da seguire. E’ stato un periodo sicuramente molto difficile, ma grazie al quale abbiamo potuto testare l’efficacia della macchina organizzativa e dell’intero gruppo azzurro: abbiamo dimostrato non solo di saper lavorare bene anche in condizioni di emergenza, ma soprattutto di saperle sfruttare. La cosa che mi ha colpito di più è che quelli che avevano più paura di tutta questa situazione eravamo noi: guardando negli occhi ognuno di questi ragazzi, si percepiva immediatamente la loro voglia di ripartire, di farsi vedere. Ed è questo che mi ha dato la forza di lavorare per 3 mesi anche il sabato e la domenica: non rimpiango nemmeno un giorno, vedendo la loro voglia di fare, non potevo certo tirarmi indietro”.

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Il secondo nome è quello di Lorenzo Tedeschi, che ha tentato il primo approccio alla pista proprio grazie all’appello del CT azzurro, partecipando quindi ai test di Montichiari. Incuriosito da una disciplina diversa dalla strada, che garantisce lo sviluppo di una fluidità di pedalata straordinaria e un incremento delle capacità di interpretare le situazioni di gara - soprattutto in gruppo -, l’atleta dell’UC Casano ha deciso di iscriversi al Campionato Italiano di Inseguimento Individuale per la categoria JRS, in scena al velodromo di Forlì. Il risultato è stato uno straordinario secondo posto ed il titolo di campione toscano, che alla prima esperienza in pista su un palcoscenico importante come quello nazionale non è niente male.

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Anche il settore femminile si è portato avanti col lavoro, durante questo strano e difficile 2020. Il periodo di isolamento ha colpito un po’ tutti, “ma riferito alla nostra realtà, fatta di ragazze abituate a vivere in gruppo e con la valigia in mano, è stato un cambiamento veramente estremo” spiega il CT Dino Salvoldi. Che aggiunge: “Ci siamo posti subito un problema: come programmare senza obiettivi? Fare niente e aspettare soltanto sarebbe stato sbagliato. Allenarsi troppo sarebbe stato ugualmente controproducente, mancando prospettive ed obiettivi. Grazie al continuo confronto con atlete ed allenatori, assieme alla Federazione abbiamo fornito un programma di allenamento quotidiano da svolgere in casa, sia funzionale che legato ai rulli. E non solo: abbiamo anche fornito tutti i mezzi di allenamento necessari a coloro che ne avevano bisogno, mettendo dunque tutti in condizione di poter continuare ad allenarsi. Quindi quando mi viene chiesto se il ciclismo italiano si è fermato durante il lockdown, io sono fiero di rispondere: no, gli ingranaggi della Federazione hanno sempre continuato a girare, sempre pensando al bene di ogni singolo atleta e di ogni singolo tesserato”.

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Chiuso il periodo di isolamento, anche le ragazze sono potute tornare ad allenarsi a Montichiari: “Anche se le sedute erano individuali e non collettive, il nuovo step ha garantito un ricoinvolgimento importante dal punto di vista psicologico: uscire di casa, ritrovarsi, ricominciare… anche se a distanza di sicurezza”. E, piano piano, anche certi orizzonti si sono potuti allargare: “Confrontandomi con Mirko Celestino, abbiamo deciso di coinvolgere alcune atlete del fuoristrada. In particolare Gaia Tormena, campionessa italiana, europea e mondiale nell’XCE: un presentimento che abbiamo poi visto confermato a Montichiari, tanto da considerare concretamente di impiegarla su pista, se solo il calendario ce ne avesse data la possibilità”. Un altro esempio di come la formazione sportiva attraverso il superamento della specificità, in assoluto, di una singola disciplina, potrà raggiungere nuovi livelli di competenza e quindi di performance.

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L’intuizione di lanciare Gaia Tormena anche su pista è arrivata per primo a Mirko Celestino, CT della nazionale MTB: "Osservandola nella sua disciplina, l'Eliminator (XCE), mi ha impressionato la sua determinazione, la concentrazione, l'esplosività in partenza e la voglia di combattere" spiega il Commissario Tecnico. Che aggiunge: "Stiamo parlado di una ragazza appena maggiorenne: è difficile oggi trovare qualcuna che non abbia paura del contatto corpo a corpo per conquistarsi l'entrata in un sentiero, oppure che non abbia paura di frenare con più decisione o "spallare" l'avversario. Piccoli segnali che mi hanno convinto a contattare Dino Salvoldi, CT della nazionale strada e pista femminile, proponendogli appunto di osservare Gaia, perché a mio parere avrebbe potuto dire la sua in alcune discipline della pista".

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Una sensazione che ha trovato presto conferma: "I segnali sono stati subito buoni - racconta ancora il Commissario Tecnico -, nonostante non fosse mai salita su una bici da pista, coraggio e determinazione sono stati notati sin dal primo momento. Dopo varie sedute so che lei si diverte molto, ma soprattutto è soddisfatta perché la pista la aiuterà tanto a migliorare alcuni aspetti della sua disciplina e ad emergere l'XCO, il suo prossimo obiettivo".

Di multidisciplina ne sa tanto Mirko Celestino, che a 33 anni ha messo da parte la strada per mancanza di stimoli: "Non avevo più la testa per affrontare il mondo professionistico, mi mancavano quelle motivazioni che ti fanno fare la fatica necessaria a vincere una gara. Quella motivazione l'ho ritrovata in sella ad una mountainbike". Col fuoristrada di soddisfazioni se n'è tolte parecchie, e ad aiutarlo è stato proprio l'affrontare diverse discipline per raggiungere nuovi livelli di prestazione e migliorare la sensibilità di guida: "Non guardavo al risultato ma all'aspetto tecnico, proprio per migliorare i miei punti deboli, togliermi la paura di affrontare certi passaggi e raggiungere un buon livello". L'auspicio per il futuro è quindi incrementare la sinergia fra le diverse specialità, ed un nuovo passo è stato fatto proprio con la manifestazione Extragiro, in cui tutte le squadre partecipanti avevano l'obbligo di iscrivere almeno uno dei loro corridori alla prova di mountainbike: una scelta veramente apprezzata e che fa ben sperare.

Valentina Vercillo
Comunicazione FCI