Campione olimpico a Helsinki 1952 nel quartetto dell’inseguimento a squadre. Tra i dilettanti fu campione del mondo di inseguimento individuale nel 1951.

Il mondo del ciclismo saluta Mino De Rossi, campione olimpico a Helsinki 1952 nel quartetto dell’inseguimento a squadre. Tra i dilettanti fu campione del mondo di inseguimento individuale nel 1951. Fu Campione Olimpico nell'inseguimento a squadre ai Giochi di Helsinki 1952 in quartetto con Loris Campana, Guido Messina e Marino Morettini. Fu poi professionista dall'ottobre 1952 al 1967, gareggiando sia su strada che su pista. Tra i risultati principali spiccano il terzo posto al Giro di Lombardia 1954 e due successi in Sei giorni.

Deceduto il 7 gennaio nel quartiere di Quinto al Mare, a Genova, avrebbe compiuto 91 anni il 21 maggio prossimo. Il fisico asciutto come quando nel 1951, ancora dilettante, al Vigorelli di Milano conquistò la maglia iridata nell'inseguimento individuale. Che tempi, gli occhi sono tutti puntati su questo ragazzo, nato ad Arquata Scrivia, nella terra di Fausto Coppi che a due anni con la famiglia si trasferisce a Genova. Al Campionissimo assomiglia persino nei modi fare, composto ed elegante.

Si ripete l'anno seguente ai Giochi olimpici di Helsinki dove insieme a Marino Morettini, Loris Campana e Guido Messina vince la medaglia d'oro nell'inseguimento a squadra. De Rossi se la cava bene anche su strada, nello stesso anno domina la Coppa Caldirola, una classica dell'epoca, con credenziali del genere inevitabile finire alla corte di Fausto Coppi alla Bianchi.

Continua a correre in pista, ma sul suo percorso troverà un irresistibile Leandro Faggin, in compenso su strada comincia a farsi valere e diventa uno dei più fedeli compagni di Coppi. Nella Bianchi di quegli anni c'è un certo Raphael Geminiani da Clermont Ferrand, nasce una buona amicizia che si è spezzata solo il 7 maggio.

La consacrazione giunge nel 1954, terzo al Giro di Lombardia, alle spalle di Coppi e Magni. “Si arrivava al Vigorelli – raccontava De Rossi – nonostante avessi aiutato Fausto per tutta la giornata, sfruttando le mie doti di pistard, ottenni un ottimo terzo posto”. Coppi è sicuro di poter contare su di lui anche l'anno successivo, ma De Rossi gli confida di aver firmato per la Chlorodont di Domenico Piemontesi. I rapporti con Biagio Cavanna “l'orbo di Novi Ligure” non sono dei migliori, preferisce cambiare aria, potrebbe essere l'anno della consacrazione.

Al Giro di Campania è in ottima forma, da del filo da torcere a Coppi e Magni che all'arrivo saranno rispettivamente primo e secondo. Piemontesi non vuole perdere l'attimo fuggente, decide di partecipare alla Parigi–Roubaix. De Rossi può fare bene, molto bene. La giornata è piovosa, gelida, ogni tratto di pavè nasconde un'insidia, finisce a terra, il referto non lascia dubbi: frattura del bacino. Un brutto colpo, decisivo per il proseguo della carriera.

Riprende l'attività, ma non è più lo stesso. Riesce ad ottenere un buon 12° posto al Giro dell'Appennino che quell'anno rappresenta l'ultima grande vittoria in una corsa in linea di Coppi. Ancora un paio di stagioni su strada, ma decide con sempre maggior frequenza di dedicarsi alla pista e in modo particolare alle “Sei Giorni”. Era stato ingaggiato dalla Ignis di patron Borghi che aveva ottenuto l'autorizzazione a vendere elettrodomestici in Germania dove il ciclismo su pista era molto seguito, per questo motivo aveva bisogno di diversi pistard in squadra. Con lui ci sono Maspes, Gasparella, De Lillo, Arienti. Di “Sei giorni” ne vince due a Buenos Aires nel 1959 con Jorge Batiz e a Montreal nel 1963 con Fernando Terruzzi.

Alle “Sei giorni” è legato un aneddoto curioso che riguarda la manifestazione che si svolgeva nel velodromo di Grenoble in Francia. Giunto in treno alla “gare” della cittadina francese gli venne incontro un ragazzo biondo, educato, gentile e rispettoso: “Bonjour, monsieur DeRossi, je suis Jacques Anquetil nous courrons ensemble”. Quanti ricordi, quanti racconti di un'epoca ormai lontana, storica ed epica per il ciclismo che riusciva ad infiammare le folle, su strada e su pista.

Con De Rossi scompare una bandiera del ciclismo ligure, pur essendo nato ad Arquata, era genovese a tutti gli effetti. Finita l'attività agonistica aveva intrapreso in corso Gastaldi, a pochi passi dalla pista dello stadio Carlini, una rivendita di pneumatici del marchio francese Michelin molto legato al ciclismo nella seconda metà del secolo scorso.

Negli ultimi anni era Presidente della Genova Ciclosport ’89, la società di gestione per il C.R.Ligure della Federazione Ciclistica, dell’attività su pista al Velodromo Carlini. Tra i suoi più cari amici che ha frequentato sino a quando le condizioni di salute glielo hanno permesso, Imerio Massignan, Luigi Zaimbro e Giulio Ricciardi.


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Ricordo di Mino De Rossi, scomparso nei giorni scorsi a Genova

Ricordo di Mino De Rossi, scomparso nei giorni scorsi a Genova

Campione olimpico a Helsinki 1952 nel quartetto dell’inseguimento a squadre. Tra i dilettanti fu campione del mondo di inseguimento individuale nel 1951.

Il mondo del ciclismo saluta Mino De Rossi, campione olimpico a Helsinki 1952 nel quartetto dell’inseguimento a squadre. Tra i dilettanti fu campione del mondo di inseguimento individuale nel 1951. Fu Campione Olimpico nell'inseguimento a squadre ai Giochi di Helsinki 1952 in quartetto con Loris Campana, Guido Messina e Marino Morettini. Fu poi professionista dall'ottobre 1952 al 1967, gareggiando sia su strada che su pista. Tra i risultati principali spiccano il terzo posto al Giro di Lombardia 1954 e due successi in Sei giorni.

Deceduto il 7 gennaio nel quartiere di Quinto al Mare, a Genova, avrebbe compiuto 91 anni il 21 maggio prossimo. Il fisico asciutto come quando nel 1951, ancora dilettante, al Vigorelli di Milano conquistò la maglia iridata nell'inseguimento individuale. Che tempi, gli occhi sono tutti puntati su questo ragazzo, nato ad Arquata Scrivia, nella terra di Fausto Coppi che a due anni con la famiglia si trasferisce a Genova. Al Campionissimo assomiglia persino nei modi fare, composto ed elegante.

Si ripete l'anno seguente ai Giochi olimpici di Helsinki dove insieme a Marino Morettini, Loris Campana e Guido Messina vince la medaglia d'oro nell'inseguimento a squadra. De Rossi se la cava bene anche su strada, nello stesso anno domina la Coppa Caldirola, una classica dell'epoca, con credenziali del genere inevitabile finire alla corte di Fausto Coppi alla Bianchi.

Continua a correre in pista, ma sul suo percorso troverà un irresistibile Leandro Faggin, in compenso su strada comincia a farsi valere e diventa uno dei più fedeli compagni di Coppi. Nella Bianchi di quegli anni c'è un certo Raphael Geminiani da Clermont Ferrand, nasce una buona amicizia che si è spezzata solo il 7 maggio.

La consacrazione giunge nel 1954, terzo al Giro di Lombardia, alle spalle di Coppi e Magni. “Si arrivava al Vigorelli – raccontava De Rossi – nonostante avessi aiutato Fausto per tutta la giornata, sfruttando le mie doti di pistard, ottenni un ottimo terzo posto”. Coppi è sicuro di poter contare su di lui anche l'anno successivo, ma De Rossi gli confida di aver firmato per la Chlorodont di Domenico Piemontesi. I rapporti con Biagio Cavanna “l'orbo di Novi Ligure” non sono dei migliori, preferisce cambiare aria, potrebbe essere l'anno della consacrazione.

Al Giro di Campania è in ottima forma, da del filo da torcere a Coppi e Magni che all'arrivo saranno rispettivamente primo e secondo. Piemontesi non vuole perdere l'attimo fuggente, decide di partecipare alla Parigi–Roubaix. De Rossi può fare bene, molto bene. La giornata è piovosa, gelida, ogni tratto di pavè nasconde un'insidia, finisce a terra, il referto non lascia dubbi: frattura del bacino. Un brutto colpo, decisivo per il proseguo della carriera.

Riprende l'attività, ma non è più lo stesso. Riesce ad ottenere un buon 12° posto al Giro dell'Appennino che quell'anno rappresenta l'ultima grande vittoria in una corsa in linea di Coppi. Ancora un paio di stagioni su strada, ma decide con sempre maggior frequenza di dedicarsi alla pista e in modo particolare alle “Sei Giorni”. Era stato ingaggiato dalla Ignis di patron Borghi che aveva ottenuto l'autorizzazione a vendere elettrodomestici in Germania dove il ciclismo su pista era molto seguito, per questo motivo aveva bisogno di diversi pistard in squadra. Con lui ci sono Maspes, Gasparella, De Lillo, Arienti. Di “Sei giorni” ne vince due a Buenos Aires nel 1959 con Jorge Batiz e a Montreal nel 1963 con Fernando Terruzzi.

Alle “Sei giorni” è legato un aneddoto curioso che riguarda la manifestazione che si svolgeva nel velodromo di Grenoble in Francia. Giunto in treno alla “gare” della cittadina francese gli venne incontro un ragazzo biondo, educato, gentile e rispettoso: “Bonjour, monsieur DeRossi, je suis Jacques Anquetil nous courrons ensemble”. Quanti ricordi, quanti racconti di un'epoca ormai lontana, storica ed epica per il ciclismo che riusciva ad infiammare le folle, su strada e su pista.

Con De Rossi scompare una bandiera del ciclismo ligure, pur essendo nato ad Arquata, era genovese a tutti gli effetti. Finita l'attività agonistica aveva intrapreso in corso Gastaldi, a pochi passi dalla pista dello stadio Carlini, una rivendita di pneumatici del marchio francese Michelin molto legato al ciclismo nella seconda metà del secolo scorso.

Negli ultimi anni era Presidente della Genova Ciclosport ’89, la società di gestione per il C.R.Ligure della Federazione Ciclistica, dell’attività su pista al Velodromo Carlini. Tra i suoi più cari amici che ha frequentato sino a quando le condizioni di salute glielo hanno permesso, Imerio Massignan, Luigi Zaimbro e Giulio Ricciardi.


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Ricordo di Mino De Rossi, scomparso nei giorni scorsi a Genova

Campione olimpico a Helsinki 1952 nel quartetto dell’inseguimento a squadre. Tra i dilettanti fu campione del mondo di inseguimento individuale nel 1951.

Il mondo del ciclismo saluta Mino De Rossi, campione olimpico a Helsinki 1952 nel quartetto dell’inseguimento a squadre. Tra i dilettanti fu campione del mondo di inseguimento individuale nel 1951. Fu Campione Olimpico nell'inseguimento a squadre ai Giochi di Helsinki 1952 in quartetto con Loris Campana, Guido Messina e Marino Morettini. Fu poi professionista dall'ottobre 1952 al 1967, gareggiando sia su strada che su pista. Tra i risultati principali spiccano il terzo posto al Giro di Lombardia 1954 e due successi in Sei giorni.

Deceduto il 7 gennaio nel quartiere di Quinto al Mare, a Genova, avrebbe compiuto 91 anni il 21 maggio prossimo. Il fisico asciutto come quando nel 1951, ancora dilettante, al Vigorelli di Milano conquistò la maglia iridata nell'inseguimento individuale. Che tempi, gli occhi sono tutti puntati su questo ragazzo, nato ad Arquata Scrivia, nella terra di Fausto Coppi che a due anni con la famiglia si trasferisce a Genova. Al Campionissimo assomiglia persino nei modi fare, composto ed elegante.

Si ripete l'anno seguente ai Giochi olimpici di Helsinki dove insieme a Marino Morettini, Loris Campana e Guido Messina vince la medaglia d'oro nell'inseguimento a squadra. De Rossi se la cava bene anche su strada, nello stesso anno domina la Coppa Caldirola, una classica dell'epoca, con credenziali del genere inevitabile finire alla corte di Fausto Coppi alla Bianchi.

Continua a correre in pista, ma sul suo percorso troverà un irresistibile Leandro Faggin, in compenso su strada comincia a farsi valere e diventa uno dei più fedeli compagni di Coppi. Nella Bianchi di quegli anni c'è un certo Raphael Geminiani da Clermont Ferrand, nasce una buona amicizia che si è spezzata solo il 7 maggio.

La consacrazione giunge nel 1954, terzo al Giro di Lombardia, alle spalle di Coppi e Magni. “Si arrivava al Vigorelli – raccontava De Rossi – nonostante avessi aiutato Fausto per tutta la giornata, sfruttando le mie doti di pistard, ottenni un ottimo terzo posto”. Coppi è sicuro di poter contare su di lui anche l'anno successivo, ma De Rossi gli confida di aver firmato per la Chlorodont di Domenico Piemontesi. I rapporti con Biagio Cavanna “l'orbo di Novi Ligure” non sono dei migliori, preferisce cambiare aria, potrebbe essere l'anno della consacrazione.

Al Giro di Campania è in ottima forma, da del filo da torcere a Coppi e Magni che all'arrivo saranno rispettivamente primo e secondo. Piemontesi non vuole perdere l'attimo fuggente, decide di partecipare alla Parigi–Roubaix. De Rossi può fare bene, molto bene. La giornata è piovosa, gelida, ogni tratto di pavè nasconde un'insidia, finisce a terra, il referto non lascia dubbi: frattura del bacino. Un brutto colpo, decisivo per il proseguo della carriera.

Riprende l'attività, ma non è più lo stesso. Riesce ad ottenere un buon 12° posto al Giro dell'Appennino che quell'anno rappresenta l'ultima grande vittoria in una corsa in linea di Coppi. Ancora un paio di stagioni su strada, ma decide con sempre maggior frequenza di dedicarsi alla pista e in modo particolare alle “Sei Giorni”. Era stato ingaggiato dalla Ignis di patron Borghi che aveva ottenuto l'autorizzazione a vendere elettrodomestici in Germania dove il ciclismo su pista era molto seguito, per questo motivo aveva bisogno di diversi pistard in squadra. Con lui ci sono Maspes, Gasparella, De Lillo, Arienti. Di “Sei giorni” ne vince due a Buenos Aires nel 1959 con Jorge Batiz e a Montreal nel 1963 con Fernando Terruzzi.

Alle “Sei giorni” è legato un aneddoto curioso che riguarda la manifestazione che si svolgeva nel velodromo di Grenoble in Francia. Giunto in treno alla “gare” della cittadina francese gli venne incontro un ragazzo biondo, educato, gentile e rispettoso: “Bonjour, monsieur DeRossi, je suis Jacques Anquetil nous courrons ensemble”. Quanti ricordi, quanti racconti di un'epoca ormai lontana, storica ed epica per il ciclismo che riusciva ad infiammare le folle, su strada e su pista.

Con De Rossi scompare una bandiera del ciclismo ligure, pur essendo nato ad Arquata, era genovese a tutti gli effetti. Finita l'attività agonistica aveva intrapreso in corso Gastaldi, a pochi passi dalla pista dello stadio Carlini, una rivendita di pneumatici del marchio francese Michelin molto legato al ciclismo nella seconda metà del secolo scorso.

Negli ultimi anni era Presidente della Genova Ciclosport ’89, la società di gestione per il C.R.Ligure della Federazione Ciclistica, dell’attività su pista al Velodromo Carlini. Tra i suoi più cari amici che ha frequentato sino a quando le condizioni di salute glielo hanno permesso, Imerio Massignan, Luigi Zaimbro e Giulio Ricciardi.